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Cronaca

4 gennaio 1976: a San Martino la prima volta de La Ribalta a Ravello

Inserito da Alfonso Mansi (Redazione), lunedì 4 gennaio 2016 09:34:09

di Alfonso Mansi*

Erano gli anni Settanta, quelli che sono ricordati come gli anni di piombo, quando uomini senza scrupoli seminavano il terrore per l'Italia. Ravello, per fortuna, era al riparo da tali pericoli; per noi giovani di allora i problemi erano altri e al tempo stesso quelli di sempre: come tirare avanti, come costruirsi un futuro, come impiegare il tempo libero in maniera fattiva.

Non disponevamo di telefonini, macchine digitali, computer, ma avevamo tanti sogni, tanta voglia di fare, tanta determinazione.

Potrà sembrare un racconto di altri tempi, di tempi lontani. E' vero. Ma questa è la nostra storia. Qualcuno potrà ritenerla autocelebrativa, ma tale non è, perché è storia vera.

Sono trascorsi quarant'anni da quella sera, da quel fatidico 4 gennaio 1976, quando, per la prima volta, si schiuse il sipario de "La Ribalta" nella monumentale chiesa di San Martino. Momenti indimenticabili.

Infreddoliti, dietro le quinte, attendavamo il momento del debutto. Don Nicola, il nostro leader, il nostro regista, impartiva le ultime raccomandazioni. Altri celavano l'emozione limando gli ultimi dettagli. I volti tesi, i sorrisi forzati dissimulavano ansia e preoccupazione. La sala era gremita, incredibilmente gremita. Qualcuno era lì fin dalle prime ore del pomeriggio per guadagnare un posto in prima fila. Furono i loro applausi, i loro incoraggiamenti a ripagarci di tanto lavoro. Grande fu la soddisfazione di noi tutti , quando, alla fine, si levò unanime un coro: bra-vi! bra-vi! Fummo costretti a replicare subito dopo, perché c'era ancora tanta gente che si accalcava all'ingresso.

Nulla era nostro: il palco, le scene, le luci, i costumi; solo l'impegno. Eppure, ce l'avevamo fatta! Eravamo tutti ignari che la "follia" di quella sera ci avrebbe riservato in futuro tanti momenti felici, tante indimenticabili soddisfazioni, fino ad entrare nella storia recente di Ravello.

Gli anni sono volati via, uno dopo l'altro, senza scalfire i ricordi, quei ricordi impressi indelebili nella nostra mente, come quei sogni che non svaniscono al mattino e ti accompagnano per l'intero giorno. Per molti di noi il tempo si è fermato.

Abbiamo dato voce a chi riteneva di non avere voce. Ognuno, nel suo piccolo, e a modo suo, si è sentito protagonista, almeno per una volta.

Anno dopo anno abbiamo coinvolto chiunque volesse provarci, in qualunque ruolo; tantissimi si sono avvicendati nelle nostre file: giovani e non. Direttamente o indirettamente siamo entrati in tutte le famiglie di Ravello. Grazie alla generosità di tanti abbiamo vinto ogni difficoltà, ma soprattutto non abbiamo mai conosciuto la noia.

Non disponevamo di finanziamenti o di altri fondi certi, non potevamo contare su un biglietto d'ingresso alle rappresentazioni, non avevamo conti in banca, ci siamo fatti strada con la sola forza delle idee; il nostro unico patrimonio era custodito in un cappello, quel cappello che l'attore smetteva nell'intervallo fra un atto e l'altro, scendeva fra il pubblico e lo usava per raccogliere le offerte, sempre generose, di quanti volevano sostenerci. In quel cappello di colore scuro e a falde strette erano deposte le nostre uniche certezze, le nostre speranze.

Mai abbiamo saltato la commedia di Natale, anche in occasione delle celebrazione degli anniversari, anzi eravamo il punto fermo delle Settimane Natalizie che venivano organizzate dall'allora Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo e dal Comune. Senza dimenticare che, per contribuire ad arricchire le varie serate e per offrire un programma più variegato, ci assumevamo anche l'onere di ospitare e sostenere altre compagnie teatrali più prestigiose e più affermate.

Non c'era la Fondazione, non c'era il Ravello Festival, c'erano solo i Concerti Wagneriani che si esaurivano in un unico fine settimana. Quando si presentò la necessità di animare le estati ravellesi, non ci tirammo indietro: per diversi anni, sempre con il patrocinio dell'Azienda Autonoma e del Comune, abbiamo messo su un cartellone con spettacoli di tutto rispetto, rappresentati all'aperto, sul campo da tennis, per la soddisfazione del numeroso pubblico locale e vacanziero. Tutto sempre con pochi spiccioli ma con tanta passione.

Con pochi spiccioli e con tanto coraggio ci imbarcammo nella meravigliosa avventura della Via Crucis, senza mai arrenderci di fronte alle difficoltà economiche e, soprattutto, senza mai farci scudo con falsi problemi. Quello che è diventata questa Manifestazione per Ravello è sotto gli occhi di tutti, a ricordarlo si rischia di cadere nella retorica.

Abbiamo dialogato e collaborato con tutte le amministrazione comunali che negli anni si sono susseguite, senza secondi fini o altri scopi e senza mai assoggettarci al politico di turno, lottando anche a testa bassa ma sempre con la schiena diritta; servendo le istituzioni, senza mai diventare "serve" di qualcuno. Pronti, come eravamo, a rivendicare, al momento opportuno, la nostra piena autonomia.

La lealtà, la correttezza, il rispetto per gli altri, lo spirito di coinvolgimento sono stati i nostri valori, i vessilli da poter sventolare sempre e ovunque. A prevalere sono stati solo gli ideali comuni, mai gli interessi di pochi.

E perché no, come in ogni grande famiglia abbiamo vissuto anche tensioni interne, ma abbiamo saputo discutere, senza mai oltrepassare i limiti del buonsenso, senza mai lacerare i rapporti umani, senza mai ricorrere alla menzogna che, si sa, è l'arma dei deboli. Anzi, dopo ogni contrasto i rapporti ne uscivano fortificati, rinvigoriti, stringendoci la mano da amici, guardandoci in faccia da uomini.

Ma oggi i tempi sono cambiati, e con essi le persone. Si getta via la storia, o meglio si tenta di distruggerla, di calpestarla, di rinnegarla, dimenticando che in questo modo si getta via la bussola, si rischia di perdere la strada, rendendo buio e tenebroso il futuro.

Comunque siamo fieri, orgogliosi del cammino che abbiamo percorso, del solco che abbiamo tracciato. Ci rimane la certezza di aver operato sempre in maniera disinteressata, di aver tenuto sempre il timone diritto, di aver puntato solo al bene de "La Ribalta", ma soprattutto al bene supremo di Ravello.

 

P.S.: Non prenderò parte ai festeggiamenti per i quarant'anni; purtroppo La Ribalta non è più quella che io ho contribuito a far nascere e crescere. Lo spirito, le finalità, i valori non sono più quelli di una volta. Mi sarebbe piaciuto vedere la Ribalta, seduto in platea, camminare da sola, con le sue gambe, portando avanti gli ideali di sempre. E invece...

Chiedo scusa per la mia assenza a quanti vorranno partecipare, ma, sinceramente, non me la sento, ho troppo amarezza dentro di me.

* componente della prima ora il gruppo Ribalta, regista, anima del sodalizio per oltre un trentennio

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