Tu sei qui: CronacaFascino e malia d'autunno a Ravello
Inserito da Giuseppe Liuccio (Redazione), martedì 1 dicembre 2015 16:59:59
di Giuseppe Liuccio
Sabato scorso sono stato a Ravello per una delle tante periodiche riunioni del Consiglio di Indirizzo della Fondazione. Ci siamo fermati al Garden per una breve pausa pranzo prima di riprendere i lavori. Lo spettacolo era da visibilio di piacere dal terrazzo di paradiso del ristorante. La sagoma del Moro addormentato, come la fantasia popolare ha ribattezzato i capricci d'arte della natura sulle dentellature dolcemente dirupanti del Falerzio sul mare di Capodorso con all'orizzonte, in lontananza, Licosa e Palinuro, mi hanno scatenato emozioni da ricordi di giovinezza.
Ho girato lo sguardo alla mia destra e sulla balaustra dei Giardini di Villa Rufolo e mi si è materializzato l'immagine del mio amico e maestro Salvatore Quasimodo, che qui portai per una escursione di cultura e d'amore negli anni '60. E ho avvertito la stessa sensazione terremotante di cuore anima e pensieri di allora... Wagner cavalca le Valchirie e trillano i violini e rullano i tamburi a lacerare i silenzi. E sull'onda dolce del flauto magico gioca a nascondino fra i supportici la carovana di fate e gnomi, eroi e dei, Parsifal, Nibelunghi e Santo Graal.
E' la magia della musica che sibila tra bifore e colonne, tintinna sui tralci dei vigneti, caracolla giù per i terrazzamenti degli agrumeti e si frantuma nel letto ghiaioso del Dragone, da un lato, e, del Reghinna, dall'altro, prima di confondersi e spegnersi alla risacca del mare di Atrani e di Minori. "Ravello, città della musica" è il fortunato slogan che mette in competizione la città con costiera con Spoleto, Salisburgo e Bayreuth e ne fa una delle più prestigiose capitali europee dell'arte. Me ne convinco sempre più quando di lì a poco ascolto le brevi ma calde ed intense dichiarazioni del professor Sebastiano Maffettone, appena eletto nuovo presidente della Fondazione.
Con tono pacato ma convinto trasmette fiducia e motivata speranza per il futuro. Mi carico di entusiasmo. Quando è il turno dei colleghi del CDA. Prima di ripartire per Roma mi concedo un altro bagno di emozioni, a passi lenti, lungo via San Giovanni del Toro. Villa Episcopio è sempre chiusa ed attende una vita nuova ed efficienza ritrovata per altre destinazioni d'uso. Per intanto, testimonia prestigiose pagine di storia del passato: residenza vescovile per secoli, residenza del re Vittorio Emanuele III che, in un periodo burrascoso della storia d'Italia, vi firmò il decreto luogotenenziale, nel giugno del 1944, in favore del figlio Umberto. Il passaggio carico di grazia, di sorriso, di eleganza e di avvenenza di Jacqueline Kennedy, con qualche gossip giornalistico ed il pellegrinaggio di uomini politici e di cultura.
Io ebbi il privilegio di esserne ospite, quando ne ebbe la disponibilità, dell'amico Alfredo Aielli, gestore dell'Hotel Cappuccini convento di Amalfi che qui aveva stabilito il suo buon ritiro nelle pause da lavoro. Mi incanto, salendo e spiando tra le cancellate e i portoni d'ingresso alle dimore gentilizie del passato ed oggi grandi alberghi che hanno fatto e fanno la storia dell'accoglienza del turismo di qualità in Italia e nel modo: Fraulo, Palumbo, Avino, Caruso. Coltivo l'idea di mettere in mostra l'albo d'oro dei clienti di prestigio lungo i decenni.
Ho già trovato anche il titolo accattivante "Per le antiche stanze". Ci consentirebbe di scrivere la storia del turismo di qualità e ripercorrere sulla base di documenti i un sintesi di "come eravamo". Potrebbe essere un progetto da mettere insieme con sinergia tra Comune, Fondazione e Associazione Albergatori. Formalizzerò la proposta. Faccio in tempo ad invidiare con affetto e stima l'amico sindaco Paolo Vuilleumier, che trascorre gran parte delle sue giornate a Palazzo Tolla, sede del Municipio.
Per le strade fanno colore anche le foglie ramate dello spiazzo/giardino Principessa di Piemonte, spalancati sull'infinito del mare di Minori e Maiori su cui rovescia festoni d'argento la luna ancora piena dal Falerzio e dal Santuario dell'Avvocata ed è fonte di chiarore in gara con il faro di Palazzo Avino sugli alberi di quassù che spiumano foglie d'autunno avanzato che galoppa verso l'inverno. Lo spettacolo è di contagiosa seduzione. Resterei, oh se resterei. Ma Roma mi reclama. Lascio Ravello con lacerante nostalgia attutita dalla certezza che tornerò a breve. Però capisco, oh se capisco! Il fascino di malia della Divina Costiera in generale e di Ravello in particolare nell'anima, nel cuore e nei pensieri, quando se ne allontanano.
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