Tu sei qui: CronacaUna nuova settimana di concerti a Ravello per pianoforte e violoncello
Inserito da (Redazione), lunedì 8 ottobre 2018 09:49:16
Dopo un fine settimana con i particolarmente apprezzati concerti del duo Luca Paccagnella e Raffaele D'Aniello (nelle foto), all'Annunziata di Ravello si conclude, con il concerto di stasera (lunedì 8 ottobre), l'integrale delle 6 suitea per violoncello di Johan Sebastian Bach. Ad eseguire le tre suites in programma sarà Silvano Maria Fusco, vincitore di concorsi nazionali ed internazionali, quali Premio Curci, Le Camenae d'Oro e primo premio al Concorso Euterpe di musica da camera. In programma le suites n.3 BWV1009, n. 5 BWV 1011 e n. 6 BWV 1012.
Ascoltando le sei Suites per violoncello, rimaste isolate e irraggiungibili nella loro altezza strumentale e concettuale, si resta ogni volta sbalorditi di fronte all'ardire, a cui viene piegata la mole massiccia del violoncello, la sua profonda voluminosità. Uno strumento che, ricordiamolo, prima di Bach non era mai stata usato per esecuzioni da solo. Si è soliti collocare queste opere di datazione incerta negli anni di Köthen (1717-1723), durante il periodo di servizio di Bach come Maestro di Cappella del principe Leopold di Anhalt. Qui, potendo disporre di una cappella di corte che contava eccellenti strumentisti, fra i quali un virtuoso di violoncello come Christian Bernhard Linigke, che, probabilmente, è stato primo interprete dei soli per violoncello, Bach potè acquisire nuove esperienze in materia di musica strumentale.
Della raccolta non ci è pervenuto l'autografo bensì una copia della moglie di Bach, Anna Magdalena. La prima pubblicazione avvenne solo settantacinque anni dopo la morte dell'autore (Vienna 1825), con il titolo Six Sonates ou Etudes pour le Violoncello solo. Ciò che accomuna le sei Suites è l'aggiunta ai quattro tempi fondamentali di rito (Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga) di un esteso e caratterizzante (e dunque ogni volta diverso nello stile) Preludio all'inizio e di una coppia di danze.
In programma anche la Suite n.6 che fu scritta per uno strumento a cinque anziché quattro corde, erroneamente confuso con la cosiddetta "viola pomposa" (strumento simile a una viola grande, "da braccio" e non "da gamba"): si tratta invece di un violoncello a cinque corde, con la corda aggiunta accordata all'acuto una quinta sopra (mi). Le difficoltà tecniche che avevano richiesto questo accorgimento possono essere risolte oggi con un violoncello normale, capace di spingersi verso le regioni più acute della tastiera. Ancora una volta colpisce come Bach abbia introdotto una complicazione tecnica in funzione di un arricchimento espressivo.
Un programma senz'altro più moderno quello proposto nel concerto di mercoledì 12 dal clarinettista Lelio di Tullio e dalla pianista Paola Landrini nella suggestiva location del complesso monumentale dell'Annunziata. Primo brano in programma è la "Première Rhapsodie" di Claude Debussy, che ebbe una origine occasionale come pezzo da leggere a prima vista per il concorso di clarinetto del 1910 al Conservatorio di Parigi: composta per clarinetto e pianoforte tra il dicembre 1909 e il gennaio 1910, fu orchestrata nel 1911.
Il Duo Concertante, Op. 351 di Darius Milhaud è stato composto nel 1956 per il Concorso del Conservatorio di Parigi. Possiamo riconoscere molte influenze nel brano: dalla musica popolare della Provenza, terra natale del compositore, al Jazz e ad altre melodie latino-americane.
A seguire la Sonata FP 184 di Francis Poulenc. La sonata venne commissionata dal celebre clarinettista Benny Goodman a Francis Poulenc, con l'intento di esguirla poi insieme. Quando però il 30 gennaio 1963 Poulenc fu colto dall'infarto che lo uccise, il progetto di Goodman non poté andare in porto. La sonata venne così eseguita per la prima volta a tre mesi dalla scomparsa del compositore presso la Carnegie Hall di New York, il 10 aprile 1963, dallo stesso Goodman e da Leonard Bernstein al pianoforte.
Allo stesso periodo appartiene la sonatina per clarinetto e pianoforte di Sir Malcolm Arnold, compositore britannico morto nel 2006. Il pezzo, scritto nel 1951, è strutturato in tre movimenti, con una veloce introduzione, un secondo movimento più lento ed un terzo furioso. Sicuramente una sfida per ogni virtuoso del clarinetto.
Il concerto si conclude con la celeberrima Rapsodia in Blue di George Gershwin. Il brano fu inizialmente pensato dall'autore per due pianoforti. L'incontro con Paul Whiteman, direttore della omonima orchestra jazz di New York, spinse Gershwin a proporre la rapsodia come brano per pianoforte e big band, e da allora sono innumerevoli gli adattamenti per diverso organico. Sicuramente la presenza del clarinetto è particolarmente indicata: il brano inizia con un caratteristico trillo e una lunga scala cromatica ascendente del clarinetto, il cui assolo propone subito il tema principale.
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