Tu sei qui: PoliticaAf-Fondazione Ravello: ecco tutti i retroscena nel “libro nero” di Lelio Della Pietra. Buona fortuna Dottor Felicori
Inserito da (Redazione), lunedì 14 gennaio 2019 18:10:14
di Antonio Schiavo
L'avevamo detto e scritto a più riprese, prendendoci ingiurie gratuite, commenti beceri, ironie pretestuose, liste di proscrizione.
Oggi sarebbe troppo facile e anche improduttivo rinfacciarlo a quei signori che dalla torre d'avorio avevano sprezzantemente definito il Vescovado un "giornalaccio" o un "giornalino", solo perché osava (a loro dire) ledere maestà autoconferite quando, al contrario, faceva semplicemente ciò che è richiesto dai lettori: informazione seria, puntuale, senza filtri e senza soggezione.
Quando ci è pervenuta la ponderosa relazione del Consigliere di indirizzo della Fondazione Ravello avvocato Lelio Della Pietra, un vero e proprio "libro nero" come lo definisce Repubblica, pur essendo ormai vaccinati ed avvezzi al peggio, stentavamo a credere che - negli anni - quella che doveva essere la "perla rara" degli Enti culturali del Mezzogiorno, se non dell'Italia intera, fosse ridotta ad un tale verminaio di conflitti, ricatti, veti incrociati, figli della più gretta longa manus politica.
Eppure non ci saremmo dovuti meravigliare più di tanto, viste le cose che, con tenacia avevamo evidenziato all'opinione pubblica; invece ad ogni rigo della relazione di Della Pietra (difensore del sindaco di Napoli Luigi De Magistris) si scatenava un sussulto che era un mix di rabbia a sconcerto.
In sintesi (chi vorrà, potrà approfondire scarcando le 25 pagine in calce) dallo scritto vengono fuori i giudizi di De Masi sui componenti dei consigli della Fondazione non in linea con le sue boriose aspettative, nomine solo di facciata di consiglieri mai presenti o coinvolti nella gestione, litigi da comari fra vecchia e nuova amministrazione alla stregua dei polli di Renzo che si becchettavano mentre altri (a Napoli, a Salerno, a Rotello) decidevano la sorte del nostro futuro culturale e turistico, dimenticando (o fingendo di farlo) che era Ravello a dare lustro alla Fondazione, alle loro persone o curricula e non viceversa.
Minacce di denunce, regolamenti di conti con richieste di risarcimenti quasi milionari per lavori e incarichi molti dei quali, secondo il consigliere di indirizzo, autoassegnati motu proprio.
Gestione dei beni di famiglia a dir poco imbarazzante con bilanci o non conformi o "approvati con riserva" (ma che cavolo vuol dire?). Se i bilanci sono corretti si approvano e basta, altrimenti, in assenza di chiarimenti, si bocciano e a chi li ha presentati viene dato il benservito.
Segretari generali (Quaglia) che scappano per lo schifo che si sono trovati a fronteggiare; organi di gestione e controllo convocati se e quando ci pare, consulenze (inutili?) a gogò, assunzioni di personale (Della Pietra ne quantifica gli oneri) non compatibili con introiti in netta diminuzione, consiglieri di indirizzo e, financo, di amministrazione ridotti al rango di belle statuine, costretti magari a riunirsi on the road per le bizze dei detentori delle chiavi dell'Eden.
Sono stato a Caserta a maggio scorso, dopo molti anni. Sono rimasto affascinato e colpito oltre che dalla naturale bellezza del sito, dalla perfetta organizzazione a cominciare dai punti di accoglienza, dai collegamenti interni, dalla pulizia e dall'ordine, dall'inappuntabilità di comportamento del personale di biglietteria e dei custodi.
Dal supporto ai visitatori con descrizioni sintetiche e chiare delle opere e degli arredi di ogni sala, con itinerari di visita razionali e precisi.
Tutti sono concordi nel dire che questo risultato va ascritto a merito del Dottor Felicori, manager d'importazione che, con un lavoro certosino e non privo di difficoltà (soprattutto per quanto riguarda le relazioni industriali e la gestione delle risorse umane) ha compiuto un mezzo miracolo.
Francesco Durante in un suo recente articolo su il Mattino ha definito la Fondazione (con tutti gli annessi e connessi) un "caso clinico".
E per i casi clinici non servono i medici pietosi o, peggio, i cattedratici pieni di sé, ma quelli bravi che sanno usare il bisturi.
Lo adoperi molto, Dottor Felicori!
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