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Politica

Elezioni Ravello: la chiave di lettura

Inserito da (Redazione), venerdì 6 maggio 2016 10:26:52

di Antonio Schiavo

Caro Direttore,

mi chiedi una riflessione ponderata "da remoto" sulle ultime vicende politiche ravellesi alle soglie della campagna elettorale per le amministrative.

Per me è uno sforzo non da poco per due ordini di motivi. Il primo è di tipo anagrafico-neuronale: evidentemente sto rimbambendo perché già ci capivo poco di politica prima ma adesso penso di capirci ancora di meno.

Il secondo è strettamente connesso al primo: la politica che comprendevo e praticavo pensavo fosse un concentrato di onestà intellettuale, un po' di sano realismo e soprattutto una buona dose di coerenza che, si badi, non era da intendersi come ottusa imbalsamazione delle proprie idee considerate come il verbo assoluto ma una logica e virtuosa simmetria tra quelle idee e un comportamento conseguente, auspicabilmente lineare e organico nel tempo.

Veniamo al dunque: chiaramente la questione che sta appassionando i nostri concittadini dopo settimane di pettegolezzi, sospetti, sotterfugi carbonari è il "riavvicinamento" (le virgolette sono volute) tra Di Martino e Amalfitano.

Lo dico subito e senza infingimenti: non lo comprendo e mi crea imbarazzo perché probabilmente, fossi stato a Ravello, avrei votato per Rinascita Ravellese non foss'altro che per nostalgia della bella stagione degli anni 80 del secolo scorso (Madonna quanto tempo è passato!), per il fatto che con Di Martino ho avuto scontri anche accesi ma devo riconoscergli che ha messo in pratica pure alcune delle mie idee balzane (vedi la galleria sotto Piazza Fontana) , che volle condividere con mio padre il sogno di " Ravello città della musica".

E anche con Ulisse Di Palma ho spesso pacatamente discusso (senza alcuna presunzione) su idee progettuali per una politica culturale locale affrancata da conventicole e imposizioni esogene.

Ma, fatta questa premessa, mi convince poco la riedizione in salsa amministrativa del carme catulliano volto a dimostrare l'ineluttabilità dell'alternanza di odio e amore. O come abbiamo appreso tra il detestare (ma che differenza c'è?) e il riparlarsi in nome di vecchie goliardate al Liceo Camera o di relazioni familiari evidentemente dimenticate in questi anni di violenta contrapposizione.

Ce lo vedete voi Di Martino nei panni di Lesbia?

E un tratto di penna, un colpo di spugna può cancellare improvvisamente lustri di offese, insulti, sputi, denunce di reati penali con tutto il seguito di indagini e azioni coattive, ostilità becere, che hanno distrutto ogni parvenza di convivenza civile della nostra comunità?

Si dirà: "E' la politica, bellezza!". Può essere.

Da un lato c'è un nemico da abbattere che è diventato comune (Vuilleumier) e per fare questo si può scendere a patti col diavolo. Ci può essere pure il sospetto (malevolo, per carità) che, nel gioco della parti, il pacchetto di voti che Amalfitano porterebbe alla causa possono anche richiedere di fare buon viso a cattivo gioco e tralasciare ogni valutazione sulla opportunità di intaccare o almeno riconsiderare qualche rendita di posizione.

Anche perché, in tale contesto, sembra un po' monomaniaca questa smania - pure legittima soprattutto se non strumentale - di concentrarsi sulle attuali mancanze comunicative della Fondazione Ravello come se, nelle precedenti gestioni, la stessa Fondazione fosse stata una casa di vetro, trasparente nei suoi atti e nella sua governance. Mi sembra di ricordare che fino a poco tempo fa gli stessi che oggi puntano l'indice ne stigmatizzassero proprio la mancanza di trasparenza e la concentrazione di potere in poche mani ed in una Sede. Se nulla è cambiato perché si evita di metterlo in evidenza quasi a non voler urtare qualche suscettibilità col rischio di mandare a monte la strategia di cui sopra?

E' pur vero peraltro che queste folgorazioni sulla via di Damasco rischiano (e qui sono d'accordo con Luigi Mansi) di far passare in second'ordine tutta una serie di problemi che Ravello si trascina da tempo immemore, a cominciare (per dirne una) dal fatto che puoi fare mille festival, pianificare mille iniziative culturali e turistiche ma poi a Ravello ci devi arrivare e le condizioni delle vie di accesso sono vergognosamente agli onori della cronaca.

C'è poi la disaffezione dei nostri concittadini alla politica, tranne quando fra qualche giorno cominceranno - temo - a volare gli stracci nel solco di una tradizione che speravamo fosse sepolta per sempre.

Ho letto che c'è stata una partecipazione striminzita alle conferenze di presentazione dei piani urbanistici. E allora, delle due, l'una: o i ravellesi aspettano le soluzioni e i programmi come gli ebrei la manna, senza percepire che solo il contributo fattivo di tutti, anche critico, può consentire realizzazioni concrete e non solo ipotizzate sulla carta, oppure sono ormai disincantati e scettici se è vero che in questi piani ci sono progetti che già facevano parte di vecchie promesse e di altrettanto reiterati impegni di precedenti campagne elettorali e di precedenti Amministrazioni.

Caro Direttore, ci sarebbe molto altro da dire ma rischiamo di stancare i lettori ai quali va solo augurata serenità e lungimiranza nelle scelte prossime.

Per quanto mi riguarda, mi asterrò per tutto il periodo della campagna elettorale, dal ritornare su questi argomenti sulle pagine de il Vescovado auspicando che il sei di giugno quello che sta succedendo in questi giorni convulsi possa essere derubricato soltanto come un brutto sogno.

 

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