Tu sei qui: Storia e StorieNell'aristocratica Ravello con Salvatore Quasimodo
Inserito da Giuseppe Liuccio (Redazione), giovedì 3 dicembre 2015 15:57:15
di Giuseppe Liuccio
Ieri ho postato una mia poesia dedicata al Grande Poeta Salvatore Quasimodo. L'ho fatto sull'onda di un burrascoso tumulto interiore non appena ho appreso che all'asta Bolaffi di Torino era stata battuta e comprata, al prezzo di 100.000 euro, la medaglia del Nobel, messa sul mercato dal figlio Alessandro.
Io avevo già pubblicamente dissentito da questa decisione incomprensibile ed ingiustificata. Ed avevo motivato in una dichiarata sui media questo mio dissenso, che resta profondo e dettato dall'orgoglio di identità e di appartenenza, per un Grande, che mi fu Amico e Maestro. Ho aspettato fino all'ultimo che l'asta andasse deserta o che vi partecipasse il Comune di Modica o di Amalfi, rispettivamente città di nascita e di Morte del Poeta. Va dato atto all'onorevole Franceschini, Ministro dei Beni Culturali, di aver esercitato con autorevolezza e fino in fondo le sue funzioni e di aver bloccato la vendita del "bene" di caratura nazionale ad acquirenti stranieri. Ed infatti l'asta è stata vinta da un collezionista di Firenze. Io del poeta ho avuto il privilegio dell'eredità d'amore nella città capoluogo della Costa Divina, dove veniva spesso, su mio invito, e che amò molto e per la quale scrisse un "Elogio" che fu e resta una delle più belle pagine della letteratura del ‘900. Prometto che farò di tutto per portare quella preziosa e prestigiosa testimonianza ad Amalfi, dove il Poeta mi sorrise dolce e mi strinse per l'ultima volta la mano sempre più flebile nella evanescenza della morte in quel tragico 14 giugno del 1968, all'Hotel Cappuccini Convento. Io spero di vivere il tempo necessario per fare e vincere la battaglia di riportare ad Amalfi quella medaglia del Nobel. E' un atto d'amore e di cultura dovuto all'Amico e Maestro e alla Città, mio territorio dell'anima.
Per intanto qui di seguito pubblico il ricordo di una mia escursione a Ravello con il Poeta e che è tratto dal mio libro "Quasimodo Amalfitano" (Nicolodi Editore).
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Ci eravamo lasciati con l'impegno di una escursione a Ravello all'indomani.:partenza dai Cappuccini intorno alle 9,30. Scesi dalla mia casa di Via Maestra dei Villaggi, alle 9,00 e qualche minuto, nella convinzione di andarlo a prelevare nella hall dell'albergo. Me lo trovai nella curva del Cieco con l'entusiasmo di un ragazzo in partenza per la sua prima gita scolastica.
La strada da Castiglione a Ravello con l'alternarsi di mare e montagna, arditezze di costrutto e miracoli di brevi coltivi, gole burroni e rocce a catapulta e slarghi azzurri di infinito sul mare che giocava a nascondino con i terrazzamenti di vigneti e limoneti gli ricordava la sua Sicilia: la salita da Trapani ad Erice e, soprattutto, lo strapiombo aereo sul mare di Tindari " Tindari mite ti so/fra larghi colli pensili sull'acque...... Salgo vertici aerei precipizi,/assorto al vento dei pini/ e la brigata che lieve m'accompagna/s'allontana nell'aria/onda di suoni e amore.../
Ravello gli piacque moltissimo per quell'aristocratica eleganza che coglieva nei segni moreschi di palazzi e fontane, testimoni di un rapporto culturale, prima che politico ed economico, con l'islam. E ritornava ancora il ricordo di Sicilia, perché a Ravello coglieva lo spirito arabo, lo stesso della sua isola, naturalmente quello nobile dei califfi. E gi apparivano di fasto orientale i giardini, spiando dalle cancellate a captare fughe di pergolati di buganvillea, glicini e limoni e gerani, tanti gerani, quasi a pregustare delizie di frutteti da Eden ritrovato. Su sua richiesta gli narrai l'origine della città, nata dalla orgogliosa separazione dei nobili Amalfitani, che, per non subire l'onta dei "democratici" al potere si ritirarono in collina e vi investirono capitali e prestigio e vi edificarono chiese e conventi, ville e palazzi, orti sontuosi e giardini pensili sul mare. E, a sottolineare la loro aristocratica ribellione, chiamarono "Rebellum" la nuova città. E guardarono dall'alto in basso i "parvenus" della costa, schiavi del dio tarì, alle prese con traffici e commerci, con la fregola vorace del guadagno facile tipica dei bottegai."Di episodi del genere è piena la storia del Mezzogiorno d'Italia, e non solo - chiosò - Anche di quella moderna, purtroppo" Visitammo il duomo e si incantò alle formelle del portone di bronzo, ai marmi ricamati di altari e pergamo; carezzò la criniera di un leone a sostegno del pulpito, a Villa Rufolo colse con intensa partecipazione il genio di Wagner on quella trionfante scoperta murata su lapide: "Il magico giardino di Klingsor è trovato!" Lo lesse, lo memorizzò e lo ripetè con frequenza all'incanto di spettacolo di cielo e mare e fasto di vegetazione anche in gennaio. E ci sembrò che trillassero violini e rullassero tamburi a lacerare i silenzi... E la magia della musica sibilava tra bifore e colonne, tintinnava sui tralci dei vigneti, caracollava giù per i terrazzamenti degli agrumeti. Gli dissi che da quell'avamposto di paradiso era da brividi di piacere l'alba lattiginosa sul mare di corallo e lo spettacolo delle montagne dell'Avvocata e del Falerzio su Capodorso nel fuoco della luna di mezzanotte. "Possibilmente con una bella donna da amare" aggiunse, strizzandomi, malizioso, l'occhio, memore, forse, anche delle confidenze del giorno prima. E me lo ripetè dal salto/belvedere mozzafiato di Villa Cimbrone con la covata bianca delle case di Atrani allo sbocco del Dragone ed il campanile screziato della Maddalena in solitaria preghiera in volo sul mare.
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